Lettera dalla Caritas – Aprile 2023
“Non è l’apparenza che conta, ma la capacità di fermarsi per guardare in faccia la persona che chiede aiuto. Ognuno di noi può domandarsi: “Io sono capace di fermarmi e guardare in faccia, guardare negli occhi, la persona che mi sta chiedendo aiuto? Sono capace?” (Papa Francesco, udienza giubilare, 9 aprile 2016)
Racconta l’evangelista Giovanni: “Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”. Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Ella si voltò e gli disse in ebraico: “Rabbunì!” – che significa: “Maestro!”. (20,11-16)
Torna la Pasqua! Tempo per fermarsi ed “amare con gli occhi”! La Chiesa ci accompagna davanti ad una tomba, diventata vuota, per dirci che il nostro destino non è la morte! Forse, come le donne della domenica mattina, che scambiamo il Risorto per un giardiniere o un angelo, facciamo fatica a riconoscere Gesù oggi presente in ogni sorella ed ogni fratello che incontriamo. Non è facile andare oltre le apparenze e facilmente scartiamo possibilità di nuovi cammini, di rinascite, di risurrezione, arrivando a pensare che, per alcune persone, non c’è più nulla da fare.
Questo può succedere anche alla Caritas quando la guardiamo più come un’organizzazione che un organismo. La Caritas è chiesa, il corpo vivente di Cristo nella storia, e quindi fatta da membra totalmente diverse le una dalle altre, ma in armonia tra di loro, con persone capaci di lavorare bene ed insieme, per quello che sono e non per quello che hanno.
Nelle organizzazioni invece si punta all’efficienza e si tende a crescere di ruolo o di grado salendo piccoli gradini. La carità non è essenzialmente una questione di numeri, ma prima ancora di sguardi! Come scrive Giulio Dellavite, nel libro “Se ne ride chi abita i cieli” (Mondadori), non si tratta di ‘farsi strada’ ma di agire ‘strada facendo’!
Il “farsi strada” ha bisogno delle sgomitate mentre lo ‘strada facendo’ porta a camminare insieme, accompagnare, prendersi cura l’uno dell’altro e soprattutto a custodire un sogno comune, quello di dare a tutti la possibilità di rivivere, di rialzarsi, di risorgere, perché tutti appartenenti al Crocifisso Risorto.
Purtroppo la nostra società continua a scartare chi, agli occhi di Dio, sono invece ‘pietre angolari’ per costruire un mondo nuovo. Un futuro migliore, che in qualche modo tutti cerchiamo, non lo costruiranno i potenti di turno, ma i piccoli e i poveri! Se, come suggerisce papa Francesco, ci fermassimo un po’ di più a guardare i volti che incrociamo, apparentemente stranieri, ci accorgeremmo che hanno i nostri stessi tratti umani e che dietro colori diversi, rughe e fondotinta, lacrime e sorrisi, nascondono una irrepetibile bellezza e impensabili risorse.
La pasqua, che cade nell’equinozio di primavera, torna allora per rigenerare la speranza dentro di noi e attorno a noi. A tal proposito sono interessanti le parole del cardinale Matteo Zuppi: “Credo che questa sia la nostra prospettiva odierna: riconoscere con sincerità le difficoltà ecclesiali e sociali, credendo, però, che oggi “Tantum aurora est”, che siamo vicini ad una nuova primavera della Chiesa, aprendo nuove e coraggiose prospettive di futuro. Per questo occorre passione, visione profetica, libertà evangelica e intelligenza della comunione, generosa responsabilità e gratuità nel servizio. La sinodalità è tutt’altro che rinuncia o omologazione al ribasso! Dobbiamo sapere riconoscere i tanti segni della sua predilezione e dei doni che ci sono affidati e accettare la vera sfida che è costruire comunità, case dove abiti il Signore Gesù e sua Madre, nostra Madre, la Chiesa (introduzione Consiglio permanente della CEI 20.03.2023)
E’ proprio così, non possiamo giocare al ribasso, soprattutto quando si ha a che fare con la vita di chi è già messo da parte. E’ bello camminare insieme, in questa chiesa e in questa società, così segnata da una desertificazione, non solo climatica, facendo attenzione ai fiori che qua e là vanno sbocciando. Fortunatamente sta prendendo piede lo “stile sinodale” che aiuta a fare comunione, ad essere più uniti, ad edificare comunità. Così si costruisce il Regno di Dio, senza fare distinzioni, coscienti che tutti abbiamo bisogno di essere accolti e di accogliere, nella gratuità, in quanto amati senza merito.
E’ salutare poi, nel proprio servizio o lavoro, mettere entusiasmo, intelligenza, creatività, non solo per coltivare e raccogliere frutti, come quelli del nostro orto, ma anche per tessere relazioni, con pazienza e misericordia, perché nessuno si senta come quel “fico del vangelo”, che il padrone vuole tagliare, perché diventato sterile.
E’ anche importante avere uno “sguardo benedicente” verso Dio e le sue creature, mai dimenticando la centralità della persona, ogni persona, che viene sempre prima di ogni regola e paura. Se è vero che c’è bisogno di fermezza, è altrettanto vero che va accompagnata da un’immensa tenerezza, fatta di parole, non lamentose ma grate, di gesti, non sprezzanti ma compassionevoli e misericordiosi. Chiunque entra nella nostra vita è una possibilità di incontrare il Cristo che amiamo!
E infine, mentre accogliamo e lasciamo accogliere le nostre povertà, impariamo a valorizzare le tante risorse che ognuno porta con sé. Da qui l’impegno a portare avanti alcuni laboratori, aprendoli ai giovani e alla città! Oltre all’orto e quello della pittura, inizieremo anche un laboratorio di poesia. La mancanza di cultura genera la povertà! Dopo la pubblicazione del libro della nostra Marcella “Basta guardarli. Lettere in corsivo minuscolo”, sogniamo una raccolta di “Poesie pensate alla Caritas”. Sarà un ulteriore esercizio per individuare segni di risurrezione che lo Spirito del Signore continua a sparge in questo nostro mondo. Non siamo al tramonto, come affermano alcuni “profeti di sventura” , perché i nostri occhi vedono già “albeggiare”!
“Tantum aurora est”, siamo appena all’aurora, così ebbe a dire Papa Giovanni XXIII all’apertura del Concilio Vaticano II: “Abbiamo celebrato una grande giornata, abbiamo avviato un evento religioso voluto da Dio, ci prodighiamo con tutta la nostra buona volontà ma non ci facciamo illusioni perché siamo appena all’aurora della giornata cristiana”. Così continuiamo a pensare la Chiesa! Così pensiamo la nostra Caritas.