Torna la Pasqua e ci presenta ancora il doloroso ‘spettacolo della croce’, quella di Cristo ma anche dei tantissimi crocifissi di ieri e di oggi. Come non pensare in questi giorni alle atrocità delle guerre, alla miseria in cui sono ridotte intere popolazioni, alle persone ‘scartate’ nella nostra opulenta società, caratterizzata sempre di più da indifferenza e disumanità.
Scriveva don Tonino Bello “Nel Duomo vecchio di Molfetta c’è un grande crocifisso di terracotta. Il parroco, in attesa di sistemarlo definitivamente, l’ha addossato alla parete della sagrestia e vi ha apposto un cartoncino con la scritta: collocazione provvisoria… Penso che non ci sia formula migliore per definire la Croce. La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo”. E’ questa certezza che anima l’agire della Chiesa e quindi della Caritas. Può farsi anche buio da mezzogiorno fino alle tre del pomeriggio (cfr. Mt 27,45), ma sempre arriva l’alba del giorno nuovo. Può succedere ad ogni donna e ad ogni uomo di cadere, ma potranno rialzarsi grazie a mani misericordiose. La Pasqua porta con se la speranza: non rimarranno rinsecchiti, come in inverno, i rami del pesco, a primavera si copriranno di fiori; conoscerà la morte il brutto bruco ma per dare alla luce una meravigliosa farfalla. E’ il mistero pasquale che tocca ogni vita ed ogni cosa. Mai l’essere umano va identificato con i propri errori, con le proprie fragilità, prima ancora c’è la sua dignità di figlio di quel Dio che a tutti dona talenti e forza per riprendere a vivere una vita bella.
Ha scritto Alessandro D’Avenia: “Il fine della vita non è la sopravvivenza ma la bellezza. Che le cose lottino per sopravvivere è evidente, ciò che sorprende è che la lotta miri alla bellezza” (L’intelligenza del bosco 11.04.2024). Per tirare avanti potrebbe bastare anche un piatto di pasta, un vestito usato, un rifugio per la notte, ma per vivere occorre tanta bellezza che può spuntare in chiunque ed ovunque, grazie a chi, in maniera gratuita, mette a disposizione i propri talenti, la propria professionalità per accompagnare chi vuole rinascere. A volte la vita è come una tela bianca che si può riempire di variegati colori e farne un capolavoro. Una riprova ne è il laboratorio creativo della Caritas diocesana che ha allestito un’esposizione dal 12 marzo al 30 aprile 2024 a Grottammare in via Matteotti,1. Un piccolo segno ‘pasquale’ che vuole aiutarci a guardare il futuro con speranza.
E’ tempo, per la Chiesa, per i nostri quartieri, per i credenti e per i non credenti, di tornare a credere nell’uomo, di ricomporre un clima di fiducia e di speranza, di mettere da parte condanne e pregiudizi, lamentele e amarezze, divisioni e conflitti, per costruire tutti insieme quella che Paolo VI chiamava la “civiltà dell’amore”. La celebrazione della Pasqua riaccenda in tutti la speranza. Scriveva papa Benedetto XVI nell’Enciclica Spe salvi: «La porta oscura del tempo, del futuro, è stata spalancata. Chi ha speranza vive diversamente; gli è stata donata una vita nuova» (n. 2). Sì, chi ha speranza vive diversamente!