LETTERA DALLA CARITAS LUGLIO 2020
“E succede una cosa strana: che siamo soli, ma non siamo soli.
Stiamo, come posso dire? Tutti solitariamente insieme”
(Paola Mastracola, Diario di una talpa)
In questo tempo di pandemia spesso abbiamo sentito parlare di lockdown, parola che significa isolamento, chiusura, blocco d’emergenza. Ma se in un primo momento abbiamo apprezzato la possibilità di fermarci, di stare dentro le nostre case, di vivere la bellezza delle relazioni familiari, in seguito ci siamo accorti che non si può vivere senza gli altri. Abbiamo sentito il bisogno della ‘vicinanza’, di una prossimità calda e concreta.
Purtroppo questo terribile virus non ci ha ancora abbandonati, ma fortunatamente le nostre città e i nostri paesi non sono più deserti, né avvolti da un inconsueto silenzio. Pian piano, sulle nostre strade, sono tornati i rumori delle auto e, sui marciapiedi e nelle piazze, abbiamo ripreso ad incontrarci, anche se con le mascherine che lasciano intravvedere gli occhi e non nascondono gli sguardi. Ora c’è bisogno di leggere in maniera sapienziale quanto è accaduto e accade, di fare discernimento, di chiederci come affrontare questa nuova situazione.
Le strade che torniamo a percorrere, in macchina o a piedi, sembrano non dissimili a quelle descritte dalla Bibbia. Alcune somigliano a quella che da Gerusalemme portava al villaggio di Emmaus (Luca 24, 13-35). Come Cleopa e il suo amico abbiamo ripreso il cammino, impauriti e stanchi, con la convinzione di poter tornare indietro e riprendere la vita di sempre. Ma non è così! Anche noi abbiamo bisogno di Qualcuno che ci apra la mente all’intelligenza della Scrittura e ci scaldi il cuore con le sue parole, che ci aiuti a rileggere e comprendere quanto accaduto per incamminarci verso ciò che è nuovo. L’impegno dei medici e gli studi degli scienziati, le azioni degli economisti e le scelte dei politici non bastano per salvarci! Abbiamo bisogno della presenza di chi fa risorgere.
Altre strade somigliano a quella che da Gerusalemme portava a Gaza (Atti 8,26-40). Come Filippo, lo Spirito Santo chiama anche noi ad affiancare chi, come l’Etiope di allora, sente il bisogno di riscoprire la fede. Forse oggi più che mai ci è chiesto, con delicatezza e discrezione, di sederci accanto a chi è in ricerca per annunciare Gesù e accompagnare a vivere i sacramenti. E’ davvero il tempo della Chiesa in uscita che non teme di annunciare, lungo le strade della storia, l’essenziale: Cristo morto e risorto per noi, parola che sa di eternità, pane che sazia ogni fame dell’uomo.
Infine alcune strade somigliano a quella che scendeva da Gerusalemme a Gerico (Luca 10,25-37). Anche oggi c’è chi, ad un certo punto, incappa nelle mani dei briganti che si portano via tutto. A volte basta un virus invisibile altre volte incontri sbagliati. Penso ai nostri ragazzini, in mano a “venditori di morte” senza scrupoli, che non hanno smesso di proporre dipendenze da cui difficilmente si esce fuori. E noi, come il sacerdote e il levita, rischiamo di riprendere la nostra corsa dando spazio all’altrettanto micidiale indifferenza. Eppure proprio la triste esperienza della pandemia ci ha fatto prendere coscienza che da soli non si va da nessuna parte. La vita è attenzione all’altro, è piegarsi sulle ferite, a volte invisibili e nascoste, dei più deboli e dei più piccoli. La vita è vicinanza, prossimità, compassione. C’è davvero bisogno di farsi contagiare dalla solidarietà. In parte è già avvenuto per tante persone e alla Caritas ne siamo testimoni. Un esempio per tutti proprio di questi giorni: un gruppo di otto ragazzi hanno deciso di devolvere il montepremi del loro fantacalcio alle persone in difficoltà che si rivolgono alla nostra Caritas.
Mentre riprendiamo, seppure con timore, ma con tanta speranza, il nostro cammino, ci accompagnino le parole di papa Francesco nella Messa nell’anniversario della visita a Lampedusa: «L’incontro con l’altro è anche incontro con Cristo. Ce l’ha detto Lui stesso. È Lui che bussa alla nostra porta affamato, assetato, forestiero, nudo, malato, carcerato, chiedendo di essere incontrato e assistito, chiedendo di poter sbarcare. E se avessimo ancora qualche dubbio, ecco la sua parola chiara: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40)» (cappella S. Marta 8 luglio 2020)