SENZA PASQUA COSA CI RIMANE?

VEGLIA PASQUALE  2018

Facciamo memoria della Pasqua, dentro ad un’ampia dimenticanza collettiva, in una società dove molti pensano che quanti nel corso dei secoli hanno creduto nella morte e risurrezione di Cristo – santi, martiri, o anche poveri peccatori come noi – siano semplicemente degli illusi.

Ma senza la Pasqua cosa resta? Si può far passare il tempo, magari anche nel migliore dei modi, oppure si può ammazzare il tempo, cercando sempre nuovi e diversi appagamenti. In ogni caso, alla fine, quando la vecchiaia fa piegare la testa o un male improvviso ferma il cuore, il tempo risulterebbe vincente e cosa resterebbe di noi? Nulla!

Eppure, una domanda, forse inascoltata e pur tuttavia cruciale, sta sospesa nell’aria di questi giorni di Pasqua: si può vivere col pensiero che tutto finirà ? Si può vivere senza speranza? Si può vivere pensando di venire dal nulla, di essere figli di nessuno, di vedere scomparire per sempre i propri cari dentro l’abisso del niente?

Finché si è giovani e sani, è possibile non porsi il problema. Ma poi con la vecchiaia, spesso anche nei più lontani, certe domande bussano prepotentemente alla porta. E forse è naturale, è umano, ad un certo punto, magari a tentoni, cercare il lembo di una speranza.

In questa notte santa, la Chiesa torna a ripetere ai credenti e a tutti coloro che sono in ricerca, che il nodo della storia, è in una pietra rovesciata, in una tomba rimasta vuota. Un evento così grande, che il Signore lo ha preparato nel tempo, da considerare ormai, non semplicemente lo scorrere dei giorni e delle stagioni, degli anni e dei secoli, ma l’occasione per incontrare Dio che libera e salva dalla morte.

L’abbondante Parola di Dio di questa notte ci ha permesso di ripercorrere questa storia della salvezza, la storia di Dio con il suo popolo, la nostra storia. Abbiamo così incontrato il Dio della creazione, il Padre che dal nulla ha dato vita a tutte le cose e soprattutto al miracolo della bellezza che è l’uomo e la donna; abbiamo incontrato il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, il Dio fedele che fa alleanza con il suo popolo; abbiamo incontrato il Padre che conosce le sofferenze e le fatiche dei propri figli lungo il cammino della vita, come nel cammino nella fede, ascolta il loro grido di dolore e interviene, fino ad aprire una strada nel mare  per permettere il passaggio dalla schiavitù al servizio. Egli ha pietà dei suoi figli e continuamente rinnova l’alleanza da noi tradita.

Sappiamo però, come ci ha raccontato le Scritture, che purtroppo da sempre l’umanità è stata tentata di seguire i soliti idoli, di percorrere altre vie che spesso e volentieri ha intrapreso, incontrando così il male e la morte. Si legge nel libro di Baruc: “Se tu avessi camminato nella via di Dio, avresti abitato per sempre nella pace” . Fortunatamente, Dio, essendo un padre misericordioso, mai abbandona i suoi figli, ma li attende a braccia a aperte: “ Ritorna, Giacobbe…. cammina allo splendore della sua luce”. E’ arrivato ad amarci a tal punto da donarci un cuore nuovo e, se questo ancora non bastasse, nella pienezza dei tempi, si è fatto uomo come noi. Ha inviato suo Figlio Gesù!

La Pasqua ancora una volta dice che Gesù è la risposta alla nostra domanda di vita. E’ il fondamento della nostra speranza. E’ la possibilità di accedere all’eternità, cioè alla vita indistruttibile.

Risuona in questa veglia, madre di tutte le veglie, l’annuncio che Gesù è la luce che rischiara le tenebre del mondo, Gesù è l’acqua che genera a nuova vita, Gesù è il pane e il vino che sazia la nostra fame e sete di vita.

Cristo è il nuovo fuoco che brucia e non si consuma, arde ma non distrugge quello che sta bruciando; Egli è una fiamma che non incenerisce, il suo calore non é prodotto a prezzo dell’annientamento della realtà con cui entra in contatto; Gesù è il fuoco che mostra come Dio arde di amore per noi, suo popolo: Un amore che non calpesta la nostra meravigliosa e nello stesso tempo rischiosa libertà.

Cristo è la luce che illumina il nostro cammino! Il buio, che da mezzogiorno alle tre del pomeriggio del venerdì santo, avvolge il mondo intero arriva fino a noi, fino alla nostra vita e spesso non ci permette di vedere la strada. Il cero pasquale che abbiamo acceso, segno del Cristo risorto, è come la colonna di fuoco che accompagnava il popolo di Israele nel deserto. E’ luce ai nostri passi. La fiammella del cero pasquale che abbiamo acceso anticipa quello che avverrà fra qualche ora: la luce vincerà le tenebre, la terra riacquisterà i suoi colori e irromperà il sole della Pasqua. Anticipa anche i tempi escatologici, quando il giorno non conoscerà tramonto e la luce del volto di Cristo ci illuminerà. Intanto come Chiesa, imitando sorella luna, riflettiamo la luce del Risorto, perché si illumini il mondo. Diventiamo lucenti come questi lumi che ardono e splendenti come questi fiori che ornano la Chiesa. E’ vero, questa cera si consumerà ….ma non prima di aver rischiarato dei volti e degli ambienti. Non dobbiamo aver paura di bruciare! Il mondo ha bisogno di fiaccole di speranza che non restano nascoste!

Ma Cristo è anche l’acqua che zampilla per l’eternità! Don Tonino Bello a proposito della quaresima, metafora del cammino della vita e nella fede, diceva che è un itinerario che parte dalla cenere in testa e arriva all’acqua sui piedi. Un partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. La cenere è ricavata dai rami d’ulivo benedetti nell’ultima domenica delle palme e quindi parlano di impegno per la pace, di accoglienza festosa del Cristo, di speranza di ingressi definitivi nella Gerusalemme del cielo. Ma per realizzare tutto questo è necessario  permettere a Cristo, e non solo il giovedì santo, di porre sotto i nostri piedi il catino dell’acqua. Cristo è quest’acqua, l’acqua che narra di un amore che si fa servizio e chiede di farsi servizio. L’acqua che è stata versata su di noi nel sacramento fontale del battesimo. L’acqua che siamo chiamati ad utilizzare tutti i giorni della nostra vita per dare sollievo a chi ha pellegrinato a lungo, per pulire ciò che si è sporcato, per rispondere al grido dell’ “ho sete” dei tanti crocifissi. Siamo fatti in gran parte d’acqua e senz’acqua non possiamo vivere. Nella notte di Pasqua ci viene ricordato che Cristo è l’acqua della vita: siamo fatti di Lui e senza di Lui è impossibile vivere per sempre!

Cristo infine è il pane della vita. Fra poco porteremo all’altare il frutto del lavoro dell’uomo. Lo facciamo perché ci rendiamo conto che per poter vivere non ci basta del semplice pane e del normale vino. Non di solo pane vive l’uomo, afferma la Scrittura. Chiediamo che lo Spirito del Risorto trasformi questo pane e questo vino in Corpo e Sangue di Cristo. “Egli è il pane disceso dal cielo (cfr Gv 6,41), che sazia in modo definitivo – ha detto papa Francesco – Anche il popolo ebraico, durante il lungo cammino nel deserto, aveva sperimentato un pane disceso dal cielo, la manna, che lo aveva mantenuto in vita, fino all’arrivo nella terra promessa. Ora, Gesù parla di sé come del vero pane disceso dal cielo, capace di mantenere in vita non per un momento o per un tratto di cammino, ma per sempre. Lui è il cibo che dà la vita eterna, perché è il Figlio unigenito di Dio, che sta nel seno del Padre, venuto per dare all’uomo la vita in pienezza, per introdurre l’uomo nella stessa vita di Dio”.

Quando fra poco contempleremo sulla mensa l’Eucaristia pensiamo alle parole di S. Francesco d’Assisi: “Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre. (FF 221 – dalla Lettera a tutto l’Ordine).

Ci aiutino anche le parole di Sant’Agostino: “il Signore… affermò di essere il pane che discende dal cielo, esortandoci a credere in lui. Mangiare il pane vivo, infatti, significa credere in lui. E chi crede, mangia; in modo invisibile è saziato, come in modo altrettanto invisibile rinasce [a una vita più profonda, più vera], rinasce di dentro, nel suo intimo diventa un uomo nuovo”.

Ecco quanto dicono i ‘segni’ di questa notte: il fuoco e la luce, la Parola e l’acqua, il pane e il vino. Parlano di Gesù crocifisso e risorto, possibilità di vita piena per tutta l’umanità, per il cosmo intero.

Il nostro pensiero, per concludere, va anche a Maria, la Madre del Risorto, a Lei ci rivolgiamo con le parole di don Tonino Bello: “ Santa Maria, donna del terzo giorno, destaci dal sonno della roccia. E l’annuncio che è Pasqua pure per noi, vieni a portarcelo tu, nel cuore della notte.

Non aspettare i chiarori dell’alba. Non attendere che le donne vengano con gli unguenti. Vieni prima tu, coi riflessi del Risorto negli occhi e con i profumi della tua testimonianza diretta….

Santa Maria, donna del terzo giorno, donaci la certezza che, nonostante tutto, la morte non avrà più presa su di noi. Che le ingiustizie dei popoli hanno i giorni contati. Che i bagliori delle guerre si stanno riducendo a luci crepuscolari. Che le sofferenze dei poveri sono giunte agli ultimi rantoli. Che la fame, il razzismo, la droga sono il riporto di vecchie contabilità fallimentari. Che la noia, la solitudine, la malattia sono gli arretrati dovuti ad antiche gestioni. E che, finalmente, le lacrime di tutte le vittime delle violenze e del dolore saranno presto prosciugate come la brina dal sole della primavera….

E regalaci la speranza che, quando verrà il momento della sfida decisiva, anche per noi come per Gesù, tu possa essere l’arbitra che, il terzo giorno, omologherà finalmente la nostra vittoria”