LA CULTURA DELLA CURA COME PERCORSO DI PACE

LETTERA DALLA CARITAS GENNAIO 2021

Abbi cura di me
Il tempo ti cambia fuori, l’amore ti cambia dentro
Basta mettersi al fianco invece di stare al centro
L’amore è l’unica strada, è l’unico motore
È la scintilla divina che custodisci nel cuore…

Abbi cura di me
Che tutto è così fragile
Adesso apri lentamente gli occhi e stammi vicino
Perché mi trema la voce come se fossi un bambino
Ma fino all’ultimo giorno in cui potrò respirare
Tu stringimi forte e non lasciarmi andare.
Abbi cura di me

 

Sono alcuni versi di una canzone di Simone Cristicchi, parole che possono essere rivolte alla persona amata, oppure dette ad un genitore o ad un figlio, potrebbero essere anche «una preghiera che Dio rivolge agli uomini».

Mentre siamo dentro questa grande crisi sanitaria, economica ed umana, a motivo della pandemia, sono parole che dicono “l’importanza del prenderci cura gli uni degli altri e del creato, per costruire una società fondata su rapporti di fratellanza”. E’ quanto papa Francesco suggerisce per la 54° giornata mondiale della pace scegliendo il tema: “la cultura della cura come percorso di pace”. La ‘cura’ come possibilità di debellare la psedo-cultura dell’indifferenza, dello scarto e dello scontro, spesso prevalente.

La Scrittura racconta di come Dio, fin dall’inizio, si prende cura di noi. Il libro dei Numeri afferma che la cura del Signore si esprime nella benedizione e nella custodia:

Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro: Ti benedica il Signore e ti custodisca” (6, 22-27)

In un mondo in cui, si diventa sempre più esperti nel ‘dire male’, è bello sapere che Dio ‘dice bene’ di noi e ci custodisce. Questa custodia si è manifestata in modo particolare in Gesù: “quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”. Davvero Dio, padre buono, si prende cura dei suoi figli, e noi possiamo imparare da Lui a prenderci cura dei fratelli, delle sorelle e del creato.

La Chiesa, attraverso la dottrina sociale, ci insegna la ‘grammatica della cura’ che consiste nella: “promozione della dignità di ogni persona umana, la solidarietà con i poveri e gli indifesi, la sollecitudine per il bene comune, la salvaguardia del creato”.

Scrive il papa “In questo tempo, nel quale la barca dell’umanità, scossa dalla tempesta della crisi, procede faticosamente in cerca di un orizzonte più calmo e sereno, il timone della dignità della persona umana e la “bussola” dei principi sociali fondamentali ci possono permettere di navigare con una rotta sicura e comune” (Messaggio per la giornata della pace 2021).

Tutto questo richiede un processo educativo che investe prima di tutto la famiglia, dove si impara a vivere in relazione e nel rapporto reciproco; poi tutti coloro che sono preposti all’educazione, come la scuola, i soggetti della comunicazione sociale, le istituzioni, per veicolare un sistema di valori fondato sul riconoscimento della dignità di ogni persona e di ogni popolo; infine le religioni chiamate ad animare la solidarietà, a promuovere il rispetto delle differenze, a vivere l’accoglienza dei fratelli più fragili.

Forse è importante non cadere in quella che Watzlawick chiama la “profezia che si autoavvera”. In poche parole se cominciamo a pensare che le cose non cambieranno mai e che tutto andrà a finire come temiamo, allora ci sono buone possibilità che questo accada. Per comprendere: se una persona pensa “non piaccio a nessuno”, assumerà un atteggiamento sospettoso, difensivo, o aggressivo verso gli altri, inducendoli a reagire con antipatia al suo comportamento. La premessa da cui il soggetto era partito sarà confermata. Così se pensiamo alla pandemia, magari ci viene in mente la morte, la malattia, la crisi economica, cose vere, ma quanta tenerezza e attenzione ha risvegliato verso gli anziani? Quanta solidarietà sopita si è messa in moto in tantissima gente? Quante domande di senso sono tornate di fronte al mistero della morte, aprendo l’orizzonte per troppo tempo dimenticato della risurrezione?

Per costruire un mondo più pacifico occorre un cambio di prospettiva, è necessario abbandonare tanta negatività e pessimismo, per assumere un atteggiamento positivo, di fiducia, di attenzione innanzitutto al bene, che sempre si nasconde tra le pieghe di ogni storia sofferta. Come fa il Signore con noi, sarà bene cominciare dalla benedizione, cioè dal ‘dire bene’, dire bene della propria famiglia, dire bene della Chiesa, dire bene del vicinato, dire bene di ogni persona…per poi ‘custodire’!

 

Sarebbe nello in questo nuovo anno lasciare l’ultima parola alla tenerezza, fare più spazio alla bellezza e alla misericordia, ci aiuteranno a decentrarci e a trascenderci, così da accogliere, sulle nostre mani, ed accarezzare quel Dio che spesso si nasconde nei volti più familiari, come in quelli più sfigurati. Pian piano, nascerà dal basso, un mondo diverso, quello che attendiamo dove ognuno si prende cura dell’altro e insieme del creato.

Ci accompagni una poesia sulla Speranza di Alexis Valdes, attore e comico cubano, con cui si chiude il bel libro del papa “Tornare a sognare”.

Quando passerà la tempesta

e le strade si saranno spalancate

e saremo i sopravvissuti

di un naufragio collettivo,

 

con il cuore in lacrime

e il destino benedetto

ci sentiremo felici

soltanto per essere vivi.

 

E daremo un abbraccio

al primo sconosciuto

lodando la fortuna

che c’è ancora un amico.

 

E poi ricorderemo

tutto quello che abbiamo perduto

e finalmente impareremo

tutto ciò che non avevamo mai imparato.

 

E non invidieremo più

perché tutti hanno sofferto.

E non saremo inerti

ma più compassionevoli.

 

Ciò che appartiene a tutti varrà più

di tutto quanto ci eravamo procurati.

Saremo più generosi

e molto più coinvolti.

 

 

Capiremo quanto sia fragili

essere vivi.

Suderemo empatia

per chi c’è e per chi se n’è andato

 

Ci mancherà il vecchio

che chiedeva un euro al mercato,

non ne hai mai saputo il nome

ma era sempre al tuo fianco.

 

E forse quel povero vecchio

era il tuo Dio travestito.

Ma non gli hai mai chiesto il nome,

eri sempre di fretta.

 

E tutto sarà un miracolo

e tutto sarà un patrimonio

e rispetteremo la vita,

la vita che abbiamo guadagnato.

 

Quando passerà la tempesta

ti chiedo, Dio, con vergogna,

di rifarci migliori

come ci avevi sognati.