GUARDARE AL FUTURO: VANGELO E POVERI.

Qualche riflessione a partire dal testo di Andrea Riccardi “La chiesa brucia” (GLF Laterza)

Gli incendi di questi caldissimi giorni di agosto tornano a dirci come, in poco tempo, tutto si può distruggere. Gli ettari di bosco inceneriti fanno pensare ai valori alla base della civiltà occidentale, oggi spesso e volentieri ‘bruciati’, per fare spazio ad un esagerato e disumano relativismo. Il Covid-19 ha innescato nuovi focolai, in una situazione già difficile, accelerando così un processo in atto. Purtroppo anche la Chiesa, che vive nello spazio e nel tempo, è coinvolta in quello che sembra un inesorabile declino.

Su questo tema si sofferma Andrea Riccardi nell’interessante libro “La Chiesa brucia” (ed. Laterza).

A partire dall’incendio che ha semidistrutto Notre-Dame de Paris, si interroga sulla situazione e sul futuro della comunità cristiana. Egli non nega la situazione difficile che sta attraversando la Chiesa europea ed italiana, ma evidenzia come la crisi non vuol dire necessariamente la fine, anzi “può essere un’opportunità per aprirsi al futuro, sapendo che il grande rischio è accontentarsi di sopravvivere, rimpiangendo un passato migliore. La soluzione è vivere nella crisi”.

Di fronte allo sfilacciarsi e all’esaurirsi del pensiero, la comunità cristiana si trova davanti un’occasione unica: la possibilità di riempire il vuoto e il silenzio sull’uomo, in Cristo infatti risiede la verità sull’essere umano. Non è cosa facile ma possibile. Miguel de Unamuno nel libro “L’agonie du cristianisme”, già nel 1996, scriveva: “Bisogna definire il cristianesimo ‘agonicamente’, polemicamente, in funzione della lotta”.  Un’immagine interessante quella di una chiesa ‘in agonia’, che non vuol dire destinata alla morte o alla rassegnazione, ma in lotta per guarire, capace, nonostante tutto, di avviare processi umani e comunitari, abitati dalla “simpatia” e dalla “spiritualità”.

A tal proposito lo studioso ebreo Abraham Heschel, che ha molto insegnato a proposito del “pathos” di Dio, suggerisce il passaggio dall’homo apatheticus all’homo sympatheticus. In poche parole, in un mondo che vede crescere donne ed uomini spesso apatici e indifferenti, diventa necessario avere il tratto della ‘simpatia’ che pone al centro la misericordia, dà spazio alla creatività e alla tenerezza, apre all’altro e a quel Dio, che da sempre, è amico di tutte le donne e di tutti gli uomini.

Oggi più che mai alla Chiesa è chiesto il coraggio di liberare energie costruttive e creative, di suscitarle, di dare fiducia e sostegno a differenti realtà ecclesiali. Il cristianesimo è anche questione di entusiasmo, di passione, di sogni. Scrive Ronald Knox: “chi si accontenta della monotonia, della mediocrità, dello scorrere delle cose, non verrà perdonato”.

Il nostro tempo ha bisogno di una Chiesa che non si volti indietro – rischierebbe di diventare di sale come la moglie di Lot – che non si ripieghi su se stessa, ma alimenti risorse spirituali ed umane per rigenerare la società. Nessun fuoco è capace di bruciare totalmente la speranza!

Si tratta di far tesoro delle indicazioni che Papa Francesco va tracciando per il futuro, invitando la Chiesa a stare nella storia, ad amare la storia, senza appiattirsi o adattarsi ad essa. Egli continuamente esorta ad essere attenti al creato (cfr enciclica Laudato si’) e intenti a vivere la fraternità e la pace (cfr enciclica “Fratelli tutti”). Al centro di tutto vi è sempre l’attenzione ai poveri, non come pratica assistenziale, ma come possibilità concreta di incontrare quel Gesù che si identifica negli ultimi. Il povero luogo di conversione dell’esistenza ma anche di riforma della Chiesa, come aveva iniziato a dire il Vaticano II.

Sono vie che sollecitano a guardare al futuro puntando sull’essenziale: il vangelo e i poveri. Il libro di Riccardi si conclude con le parole di Davide Maria Turoldo: “Signore, salvami dal colore grigio dell’uomo adulto e fa che tutto il popolo sia liberato da questa senilità dello spirito. Ridonaci la capacità di piangere e di gioire; fa che il popolo torni a cantare nelle chiese” (Il sapore del pane. Ep)

Se vivremo evangelicamente nella crisi, se sapremo incontrare Cristo nei poveri oltre che nella Parola e nei sacramenti, se non saremo rinunciatari di fronte al futuro, chi verrà dopo di noi, vedrà il popolo di Dio tornare a cantare nelle chiese e sboccerà ancora la vita dentro una società apparentemente destinata a morire. Succederà quello che avviene nella natura: dopo ogni incendio la vegetazione non si dà per vinta: ricomincia ad abitare il territorio.

Ci vorrà del tempo: là dove c’è la cenere, pian piano spunteranno piante e sbocceranno fiori!