Fratelli tutti.
Caro papa Francesco ho davanti il testo della tua lettera. Ma mi sono fermato al titolo. Non tanto alla prima parola “fratelli”, quanto su quel ‘tutti’. Dal libro sulla scrivania, il mio sguardo è andato oltre i vetri della finestra, sul giardino dove sono le tende di chi non ha più una casa e ho pensato al freddo che sta arrivando. Fratelli tutti!
Ho solo una sorella di sangue e so che mi dispererei se la sapessi in questa condizione, farei del tutto per trovare una soluzione. Certamente non potrei rimanere nell’indifferenza, né riposare tranquillo nella mia casa. Ma ora tu mi ricordi una cosa che, sembrerebbe scontata, ma non lo è: siamo fratelli tutti!
Lo so, fin dall’inizio, abbiamo preferito il fratricidio alla fraternità. Una storia che non si è fermata a Caino e Abele, ma è continuata fino a Willi Monteiro Duarte, a don Roberto Malgesini…e l’elenco sarebbe lunghissimo! Questa terribile pandemia, che sembra non finire mai, ci sta dicendo però quanto è preziosa la vita e che l’unica risposta a questa ‘grande paura’ sta nella fraternità!
Caro papa Francesco, sembra proprio che di fronte all’uomo scartato, respinto, percosso lungo le strade della storia, continuiamo, con indifferenza, a passare oltre, magari per andare in Chiesa a recitare il Padre nostro. Che fatica chinarsi, avvicinarsi, prendersi cura, farsi carico di chi non ha nemmeno la forza di tendere la mano o di gridare per le tante e insopportabili ingiustizie.
Quanti sorrisi trattenuti, quanti gesti di tenerezza non dati, quante pratiche di speranza bloccate…!?! Rattrista la continua ricerca di giustificazioni, mentre quasi si prova vergogna se qualche lacrima riga il volto per un umano sentimento di compassione. Anzi a volte siamo quasi infastiditi dalla voce e dai gesti di chi cerca di dire e fare qualcosa che rappacifichi, riconcili, ridoni dignità.
Caro papa Francesco, per ora mi fermo qui nella lettura…non è facile digerire questo ‘fratelli tutti’. Più volte al giorno prego il Padre nostro, e quindi so che teoricamente è così, ma concretamente è difficile vivere, sempre e ovunque, un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. A volte si fa fatica a riconoscere il volto del fratello anche in un familiare, in un collega di lavoro… e diciamolo pure, in chi appartiene alla stessa comunità cristiana! Eppure dovremmo arrivare fino ai tanti Lazzaro (l’unica realtà in crescita!) che per sfamarsi ancora cercano le briciole cadute dalle tavole dei pochi ricchi, contenti di qualche leccata di cane per lenire le tante ferite affettive.
Sì, sarebbe bello, trovare un rifugio, una casa per Lazzaro ….Il Signore ha giurato che cesserà “l’orgia dei buontemponi” ed allora non si può seppellire il sogno di un mondo diverso.
Sul monitor acceso del computer scorrono le immagini della beatificazione nella basilica di S. Francesco d’Assisi, di Carlo Acutis, il quindicenne, amante di internet, innamorato dell’Eucarestia, che sapeva riconoscere Cristo nel volto dei poveri non limitandosi all’attenzione premurosa ma cercando di entrare in amicizia con loro. Figlio di una famiglia benestante, al suo funerale, non a caso erano presenti molti portinai filippini e indiani del quartiere elegante dove abitava. Li conosceva perché si intratteneva spesso con loro sulla strada a parlare. Racconta la mamma che giocava a calcio come tanti suoi coetanei e quando c’era un po’ di baldoria era sempre in mezzo, ma spesso la convinceva ad accompagnarlo nei dintorni della Stazione Centrale tra i senza fissa dimora. Una volta vedendo che uno di loro stava molto male, volle accompagnarlo in ospedale e una volta guarito, insistette per ospitarlo in un piccolo appartamento di proprietà della famiglia.
Fratelli tutti…quando un giorno lasceremo questo “magnifico e tragico mondo”, come diceva papa Paolo VI, davanti al Padre di tutti, forse conteranno poche cose soltanto, ed in particolare se abbiamo seminato vita aprendo spazi e tempi di fraternità.
Oh se questo nostro caro mondo si riempisse di gente come Francesco d’Assisi, Madre Teresa di Calcutta, Marco Acutis, di persone come te, caro papa Francesco, perché dopo l’esperienza della tenera e misericordiosa paternità di Dio, non c’è cosa più bella della fratellanza tra tutti i suoi figli.
Opera dell’artista Saverio Magno