DISPLACED PERSONS

Tante parole. Troppe parole. Forse poco pensate. Mezze verità urlate. E prima ancora, gesti terribili, gravidi di rancorosa rabbia, di violenza gratuita, di pericolosa disumanità. Nella ricerca affannosa di nemici, che da sempre caratterizza la storia, rischiamo di far ingigantire l’avanzante razzismo. Ieri gli ebrei, oggi i migranti, domani….

Nessuno può rimanere indifferente perché, come ha ricordato la senatrice Liliana Segre, in una recente intervista: «L’indifferenza è peggio della violenza». Questa donna, sopravvissuta ad Auschwitz, ha invitato a non dimenticare l’epoca della persecuzione antiebraica, quando da un giorno all’altro, intere famiglie ebree scomparivano e i vicini di casa voltavano la testa dall’altra parte, e non dicevano nulla.

Prima dello sguardo politico, economico, sociologico, pur necessari, forse c’è bisogno di uno sguardo contemplativo su chi ci sta accanto, anche di fronte ai migranti, che spesso vengono visti come una massa anonima, non riconosciuta come pluralità di individui che hanno invece nome, un volto e una storia. Troppe volte le persone diventano numeri, categorie, ‘clandestini’.  Non si può mettere l’altro nel mucchio, relegarlo nel mondo delle ‘non persone’, espressione questa di Hannah Arendt.

E’ in atto un processo di ‘anonimizzazione’ dell’altro, ma forse, a volte anche a scuola, in fabbrica, in ospedale…ed allora, come sostiene la filosofa Boella, la prima cosa da fare “è esercitarci a guardare chi ci sfiora per strada ricordandoci che è un uomo unico, e che ha un infinito valore. Non è nemmeno solo una vittima, è di più: è un uomo, nella sua totalità”.

Oggi più che mai la politica e i media agiscono come un moltiplicatore di paura che può generare tanto odio, ma per questa strada non si va da nessuna parte. Forse questo è il tempo di imparare a saper guardare, sentire, leggere l’altro nello sguardo, nel volto. In modo da non cadere negli stereotipi, negli slogan, nelle categorie che dividono ‘noi’ da una moltitudine di estranei senza nome e senza storia.

Forse questo è il tempo di metterci in ascolto anche di storie di accoglienza, di integrazione, di protezione e di promozione. E’ quanto cercheremo di fare mercoledì 7 febbraio 2018 alle ore 21.00 presso il teatro S. Filippo Neri a S. Benedetto del Tronto.