CON IL SORRISO DELL’ANIMA

«La Chiesa italiana attraversa diversi e non semplici problemi ma credo anche che vanti una prerogativa importante: è una Chiesa ricca di spiritualità e di carità per i poveri. E penso che è da qui che dobbiamo ripartire» (Card. Matteo Maria Zuppi”)

Pregate sempre per me, perché io abbia il coraggio di rimanere nella crisi”. Sono le parole di papa Francesco, con cui il vescovo Erio Castellucci apre il suo libro “Benedetta crisi!”. E’ un’espressione paradossale che nasce dalla consapevolezza che proprio nei periodi più tormentati è fiorita la santità della Chiesa. L’attuale crisi sanitaria, economica, sociale, politica e, non ultima, religiosa, può essere allora “un flagello” oppure “un’occasione per convertirci e migliorare”.

Lo ‘strumento’ che può aiutarci, in questo cambiamento d’epoca, è la sinodalità. A settembre tutto ricomincia, anche l’anno pastorale, un tempo per continuare a camminare insieme, ‘allargando la cerchia’. E’ senz’altro importante avere come punto di riferimento dei “compagni di viaggio” che sono, non solo i fratelli e le sorelle che fanno con noi la stessa strada, ma anche i tanti santi che hanno segnato la storia.

In questo mese di settembre c’è stata la beatificazione di Giovanni Paolo I, papa per soli 33 giorni, eppure nella memoria di molti, colpiti dalla sua umiltà e in particolare dal suo sorriso. Ha detto Papa Francesco nell’omelia di domenica 4 settembre che ha incarnato “la povertà del discepolo, che non è solo distaccarsi dai beni materiali, ma soprattutto vincere la tentazione di mettere il proprio io al centro e cercare la propria gloria”, tanto da considerare sé stesso come la polvere su cui Dio si era degnato di scrivere (cfr A. Luciani/Giovanni Paolo I, Opera omnia, Padova 1988, vol. II, 11).

La testimonianza di Giovanni Paolo I può aiutarci a ricominciare con il ‘sorriso dell’anima’ e suscitare la voglia di costruire “una Chiesa con il volto lieto, il volto sereno, il volto sorridente, una Chiesa che non chiude mai le porte, che non inasprisce i cuori, che non si lamenta e non cova risentimento, non è arrabbiata, non è insofferente, non si presenta in modo arcigno, non soffre di nostalgie del passato cadendo nell’indietrismo” (papa Francesco omelia 4.09.2022)

Sempre in questo mese di settembre la comunità albanese ha regalato alla città una statua di santa Teresa di Calcutta, opera dello scultore Genti Tavanxhiu. Una donna piccola, venuta da una famiglia umile, ma in realtà un gigante della carità. Anche lei può essere una significativa “compagna di viaggio”, non a caso è situata accanto ad una strada. Con le sue grandi mani, protese e quasi in preghiera, diventa un invito a non rimanere indifferenti di fronte a tanta povertà: una civiltà è umana quando è capace di chinarsi sugli “invisibili”, coloro che la società scarta e lascia morire. Madre Teresa Icona del Buon Samaritano, ha fatto la scelta di essere non l’ultima, ma ‘la serva degli ultimi’, infatti si recava ovunque per servire Cristo nei più poveri fra i poveri, convinta che toccando i loro corpi spezzati poteva toccare il corpo di Cristo. Nemmeno i conflitti e le guerre riuscivano a fermarla. Con la sua testimonianza ci ricorda che l’annuncio del vangelo in questo mondo, che ha ancora ‘sete di Dio’, passa attraverso la carità, alimentata dalla preghiera e dall’ascolto della Parola di Dio.

Infine presto verrà proclamato santo l’apostolo dei migranti: Giovanni Battista Scalabrini. La sua attenzione per le migrazioni, allora dirette soprattutto verso le Americhe, nasce dalla lettura attenta della realtà, dall’immersione nei problemi del tempo. Lo scrive egli stesso: «In Milano, parecchi anni or sono, fui spettatore di una scena che mi lasciò nell’animo un’impressione di tristezza profonda. Di passaggio alla stazione vidi la vasta sala, i portici laterali e la piazza adiacente invasi da tre o quattro centinaia di individui poveramente vestiti, divisi in gruppi diversi. Sulle loro facce abbronzate dal sole, solcate dalle rughe precoci che suole imprimervi la privazione, traspariva il tumulto degli affetti che agitavano in quel momento il loro cuore. Erano vecchi curvati dall’età e dalle fatiche, uomini nel fiore della virilità, donne che si traevano dietro o portavano in collo i loro bambini, fanciulli e giovanette tutti affratellati da un solo pensiero, tutti indirizzati ad una meta comune. Erano emigranti». Sono parole che evocano immagini che, seppure ridotti nei numeri, ci portano alle nostre stazioni. Oggi tanti giovani lasciano il nostro paese per trovare lavoro altrove, ma c’è anche un ‘continente che si muove’ verso di noi, quello africano, conseguenza di quel colonialismo occidentale che ha visto le potenze europee sbarcare in quelle terre lontane, purtroppo non per portare benessere agli indigeni, ma per curare i propri interessi a prezzo di violenza, schiavitù e morte. Non possiamo far finta di nulla.

Per camminare insieme c’è bisogno di avere più chiara possibile la meta e degli accompagnatori che l’hanno già percorsa. Giovanni Paolo I, Madre Teresa, il beato Giovanni Battista Scalabrini, insieme a tanti altri, possono davvero esserci d’aiuto per riprendere con gioia e con speranza il nuovo anno.