di Fernando Palestini
La Caritas Italiana venne costituita il 2 luglio 1971 con decreto della CEI dal Santo Papa Paolo VI che indicava per questo nuovo organismo mete non assistenziali, ma pastorali e pedagogiche riprese dallo Statuto che nel primo articolo infatti recita: “La Caritas Italiana è l’organismo pastorale costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di promuovere, anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica.”
Proprio su questa funzione pedagogica unita alle tante opere segno che le singole Caritas diocesane hanno realizzato in questi 50 anni si sono incentrati i due momenti caratterizzanti le riflessioni che la Caritas Italiana ha voluto donare alla Chiesa. Il cardinale Tagle presidente di Caritas Internationalis e prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli venerdì nella magnifica Basilica di San Paolo fuori le Mura nel momento di preghiera “La via della Carità” ha articolato la sua riflessione su tre punti. Con il primo ha richiamato tutti i delegati a “servire gli altri secondo il proprio dono senza aspettarsi ricompense o lodi”. Il dono dello Spirito deve spingerci a servire perché AMIAMO e non cedere alla tentazione di servire il prossimo con ipocrisia “solo per farci ammirare”. L’amore che testimoniamo per Gesù e per il prossimo non sono merito nostro ma rappresentano il Dono dello Spirito che Dio ci ha manifestato. Questi doni diversi che provengono da un solo Spirito vanno condivisi con gli altri e vanno accolti i doni che tutti, soprattutto gli ultimi, i poveri, possono donare. “Il dare è più importante del ricevere, il dono è più importante del profitto”. L’ultimo punto che diventa l’impegno per le nostre Caritas deve partire dal “gusto per l’essenziale” per arrivare ad un Amore totale che ci deve rendere “pazienti e comprensivi, rispettosi e umili” nei confronti di chi soffre, sensibili alle storie, al vissuto degli altri. Il suo messaggio conclusivo è stato quello di “raccogliere storie di coraggio, solidarietà e amore”, perché “la carità non avrà mai fine”.
Anche Papa Francesco sabato 26 giugno ha indicato tre vie, nell’Aula Paolo VI, a tutti i membri della Caritas Italiana insieme a oltre 1500 operatori e volontari provenienti da tutta Italia. Al termine di una mattinata di festa e di testimonianze provenienti da tutte le diocesi italiane che hanno ripercorso questi cinquant’anni di attività pastorale dopo il saluto del cardinale Gualtiero Bassetti Presidente della CEI che ha ringraziato i delegati “vogliamo essere una Chiesa che fa chiasso attraverso le opere di carità e di misericordia” e del presidente della Caritas, Carlo Roberto Maria Redaelli che ci ha ricordato che “il servizio dei poveri in nome del Vangelo deve ispirare tutto il nostro agire” e che “il bene va fatto bene” è arrivato il grazie del Papa a tutti i volontari (“vorrei dirvi grazie, grazie: grazie a voi, agli operatori, ai sacerdoti e ai volontari”) che ha anche ricordato come “in occasione della pandemia la rete Caritas ha intensificato la sua presenza e ha alleviato la solitudine, la sofferenza e i bisogni di molti”.
Le tre strade che il Papa ci ha indicato sono: la via degli ultimi; la via del Vangelo; la via della creatività.
La prima è la VIA DEGLI ULTIMI: “La carità è la misericordia che va in cerca dei più deboli, che si spinge fino alle frontiere più difficili per liberare le persone dalle schiavitù che le opprimono e renderle protagoniste della propria vita. Molte scelte significative, in questi cinque decenni, hanno aiutato le Caritas e le Chiese locali a praticare questa misericordia: dall’obiezione di coscienza al sostegno al volontariato; dall’impegno nella cooperazione con il Sud del pianeta agli interventi in occasione di emergenze in Italia e nel mondo; dall’approccio globale al complesso fenomeno delle migrazioni, con proposte innovative come i corridoi umanitari, all’attivazione di strumenti capaci di avvicinare la realtà, come i Centri di ascolto, gli Osservatori delle povertà e delle risorse. È bello allargare i sentieri della carità, sempre tenendo fisso lo sguardo sugli ultimi di ogni tempo. Allargare sì lo sguardo, ma partendo dagli occhi del povero che ho davanti. Lì si impara. Se noi non siamo capaci di guardare negli occhi i poveri, di guardarli negli occhi, di toccarli con un abbraccio, con la mano, non faremo nulla. È con i loro occhi che occorre guardare la realtà, perché guardando gli occhi dei poveri guardiamo la realtà in un modo differente da quello che viene nella nostra mentalità.”
La seconda è la VIA DEL VANGELO: “Mi riferisco allo stile da avere, che è uno solo, quello appunto del Vangelo. È lo stile dell’amore umile, concreto ma non appariscente, che si propone ma non si impone. È lo stile dell’amore gratuito, che non cerca ricompense. È lo stile della disponibilità e del servizio, a imitazione di Gesù che si è fatto nostro servo. È lo stile descritto da San Paolo, quando dice che la carità «tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta». Mi colpisce la parola tutto. Tutto. È detta a noi, a cui piace fare delle distinzioni. Tutto. La carità è inclusiva, non si occupa solo dell’aspetto materiale e nemmeno solo di quello spirituale. La salvezza di Gesù abbraccia l’uomo intero. Abbiamo bisogno di una carità dedicata allo sviluppo integrale della persona: una carità spirituale, materiale, intellettuale.”
La terza via è la VIA DELLA CREATIVITA’: “La ricca esperienza di questi cinquant’anni non è un bagaglio di cose da ripetere; è la base su cui costruire per declinare in modo costante quella che San Giovanni Paolo II ha chiamato fantasia della carità. Non lasciatevi scoraggiare di fronte ai numeri crescenti di nuovi poveri e di nuove povertà. Ce ne sono tante e crescono! Continuate a coltivare sogni di fraternità e ad essere segni di speranza. Contro il virus del pessimismo, immunizzatevi condividendo la gioia di essere una grande famiglia. In questa atmosfera fraterna lo Spirito Santo, che è creatore e creativo, e anche poeta, suggerirà idee nuove, adatte ai tempi che viviamo.”