12 MARZO – S. MASSIMILIANO DI TEBESSA, PATRONO DEI GIOVANI IN SERVIZIO CIVILE

GRAZIE FRANCESCO, MARTINA, SIMONE, MARTINA E FRANCESCO.

Forse pochi sanno che il 12 marzo le chiese cattoliche celebrano la memoria di San Massimiliano, un giovane martire della Chiesa di Cartagine, patrono dei giovani in servizio civile.

Il caso di Massimiliano ci introduce al centro di un dibattito che impegnava le Chiese cristiane antiche e che riguardava non solo lo specifico problema della legittimità, per un cristiano, di  prestare servizio militare, ma anche, e soprattutto, quello più ampio dei rapporti con lo Stato romano.

Massimiliano è figlio del funzionario del fisco Fabio Vittore e coscritto per il servizio militare. L’episodio del suo martirio ci è stato tramandato da un breve documento, la Passio Sancti Maximiliani, che è di fatto il verbale dell’interrogatorio, cui viene sottoposto Massimiliano da parte del proconsole Dione per essere arruolato nell’esercito romano. Massimiliano, pur essendo dichiarato arruolabile, si  rifiuta di compiere il servizio militare: per lui militare significa inevitabilmente “mala facere. Viene dunque accusato di disubbidire al potere costituito e per questo condannato a  morte il 12 marzo 295.

Dalle lettura della Passio risulta come l’argomentare di Massimiliano è limpido e semplice: il servizio militare è, per il giovane cristiano,  una professione intrinsecamente negativa in quanto si identifica con il malefacere, termine che si  riferiva non solo agli atti idolatrici che i soldati erano tenuti a compiere, ma anche e soprattutto alla violenza e alla sopraffazione che caratterizzavano il servizio militare.

Dalle risposte di Massimiliano appare indubbio che  vi è il rifiuto di tutto il sistema

su cui si regge il servizio militare.  Egli pone a giustificazione del suo agire un motivo espresso più volte in due semplici parole: Christianus sum (sono cristiano).

La condanna per obiezione di coscienza quindi trae le motivazioni per il proprio agire dalla fede cristiana. Tuttavia egli non è propriamente condannato perché cristiano, bensì perché si rifiuta di “militare”.

Se obiezione di coscienza designa l’opporsi da parte del singolo ad un comando dell’autorità, ad un obbligo giuridico e, in particolare, all’ordine di prestare servizio militare e se tale rifiuto viene motivato da profonde ragioni di coscienza, ecco che il caso di Massimiliano si presenta chiaramente come quello di un obiettore di coscienza, uno dei primi di cui abbiamo notizia. Massimiliano con questo suo gesto ci presenta la novità di una manifestazione di opposizione assoluta ad uno degli imperi più militaristici che mai siano esistiti; ci offre una testimonianza resa col sangue all’idea della pace tra gli uomini in un mondo che non conosceva se non la pace imposta con la forza.

E’ quanto mai necessario riproporre alle nuove generazioni figure di giovani così coraggiosi. In un mondo che continua a preparare la guerra c’è quanto mai bisogno di tali maestri per costruire una ‘società altra’. Come non ricordare la lettera ai cappellani militari dal titolo “L’obbedienza non è più una virtù” di don Lorenzo Milani. Tra l’altro egli scrive: «Le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto. Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo e della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona». Risuoni anche oggi il grido di Paolo VI all’ONU : «Mai più la guerra, mai più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei popoli e dell’intera umanità. Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani!» (4 ottobre 1965)